mercoledì 20 settembre 2017

Barbara Aniello recensisce «Estudos de iconografia cristã» di Mons. C.A. Moreira Azevedo

Recensione C.A. Moreira Azevedo, Estudos de iconografia cristã (B. Aniello), Gregorianum 983 (2017), 673-675.




Carlos A. Moreira Azevedo, Estudos de iconografia cristã, Fundação Manuel Leão, 2016

Il volume Estudos de iconografia cristã, di Carlos A. Moreira Azevedo, edito dalla Fundação Manuel Leão, giunge a colmare un’attesa che la comunità scientifica sentiva da tempo. Nato come raccolta di sedici studi sorti separatamente per corrispondere ad occasioni diverse, inviti a conferenze, inaugurazioni di mostre, articoli di riviste o cataloghi espositivi, il libro contiene ciononostante una profonda coerenza interna.
Nella sua disamina tematica di quel ricco panorama dell’iconografia cristiana portoghese che era sparito dai nostri libri di storia dell’arte di scuola, per una insensata emarginazione alla luce del profondo impatto storico-culturale che ebbe il mondo lusitano soprattutto nei suoi secolo d’oro, il testo affronta i nodi cruciali dell’insorgenza e dell’evoluzione dei vari soggetti, tipo per tipo. Partendo dall’articolata iconografia trinitaria, (dal Trono di Grazia fino alla Sacra Famiglia come immagine terrestre di quella celeste, come voleva S. Francesco di Sales), attraverso la diffusione del culto dello Spirito Santo nel Concelho de Alenquer, si giunge a circostanziare l’insorgere di nuove interpretazioni dell’iconografia dell’Immacolata, sul crinale tra devozione popolare e chiarimenti dottrinali. Temi narrativi come la Natività e le Nozze di Cana sono indagati dalle loro origini paleocristiane fino alle incisioni barocche di Hieronymus Wiericx o analizzati nelle loro rare occorrenze tematiche come scene intime e nascoste ben lontane da esempi italiani e spagnoli (è il caso del trittico fiammingo per la Chiesa di São João Baptista de Tomar). Accanto alle declinazioni iconografiche dei Santi più popolari, Paolo, Sebastiano, Agostino, troviamo anche i locali San Vicente, Sant’Antonio, San Giovanni di Dio, il cui studio è corredato da dettagliate fonti agiografiche, che consentono di seguirne l’evoluzione dinamica lungo i diversi cicli narrativi. Corredano in forma di epilogo la lettura di fonti medievali come la Biblia Pauperum e lo Speculum humanae Salvationis, esempio di “forma plastica di un quadro mentale, architettura del pensiero” (p. 297) e, con un vertiginoso salto cronologico, quella sulle opere di Paula Rego per la Cappella del Palácio de Belém, ricche di “provocante trasparenza religiosa” (p. 328).
L’approccio metodologico di Carlos A. Moreira de Azevedo è dichiaratamente warburghiano, dal momento che lo stesso autore confessa di situarsi “più nella storia delle mentalità che nella storia dell’arte” (p. 9), riprendendo un concetto essenziale del fondatore dell’iconologia moderna. Al tempo stesso, tuttavia, la necessità di approfondire le fonti iconografiche alla luce delle conoscenze letterarie, teologiche, agiografiche, spirituali àncora il suo lavoro a quell’icono(teo)logia teorizzata da Eugenio Marino, approdo auspicabile e doveroso per chi dichiara in apertura “confesso la visione di credente e il senso evangelizzatore che l’arte religiosa comporta” (p. 9).  
Il patrimonio artistico portoghese, esaminato in un ampio ventaglio cronologico, dai suoi esordi paleocristiani fino ai recenti approdi contemporanei, si rivela qui in tutta la sua peculiare eccezionalità: dai rari esempi scolpiti di Trono di Grazia, all’insolitamente tenera e commossa Compassione del Padre che, nella pittura del XVI sec. proveniente dalla Santa Casa da Misericórdia do Porto, si fonde e confonde con la Pietà tipica della madre, rivelando l’ineffabile tenerezza del gesto di chi, dopo averlo inviato, riceve in braccio il figlio morto e piagato. Sorprende l’Annunciazione di Fernão Gomes del Monastero di Santa Maria de Belém che, alle soglie del 1600, mostra l’inequivocabile e raro istante della Meritatio, ovvero del “Fiat” di Maria, a seguito del quale l’angelo effettua un’altrettanto insolita e profonda proskynesis. Se il duplice gesto della Madonna indica una Conturbatio nella destra (“A queste parole ella rimase turbata” Lc 1,29) e una Cogitatio nella sinistra (“si domandava che senso avesse un tale saluto” Lc 1,29), secondo l’articolata cronologia delle emozioni già codificata dal francescano Roberto Caracciolo da Lecce, le parole che discendono dal mistico tetragramma impronunciabile al centro del simbolico triangolo “Verbum Caro Factum est” non lasciano adito a dubbi circa l’istante.
E come non meravigliarsi di fronte ad opere eburnee indo-portoghesi raffiguranti il Bambino Gesù come Buon Pastore e che dimostrano tutto il dialogo con culture “altre” che il Portogallo grazie alla sua vocazione espansionistica sintetizza in un unicum iconografico sospeso tra oriente e occidente! Qui Gesù addormentato e seduto a gambe incrociate in cima ad una pianta ramificata che ricorda il fiore di loto, è coronato dalla trinitaria presenza del Padre e dello Spirito Santo, ma nella base presenta una Maria Maddalena distesa con l’indice sul libro, in una postura molto simile a quella del Budda sdraiato.
Elementi squisitamente locali saltano agli occhi nell’iconografia musicale che circonda l’Incoronazione della Vergine dipinta da Vasco Pereira Lusitano, in cui lo strumento autoctono della chitarra portoghese imbracciata da un angelo in ricca veste diaconale, tipica dell’organico della musica classica lusitana e del celeberrimo fado, rimanda alla chitarra battente dell’Italia meridionale.   
L’indagine iconologica dell’autore percorre anche le insolite vie delle diverse interpretazioni stratificate nel tempo dell’Immacolata Concezione, ma di là delle puntuali disamine iconografiche, quel che colpisce è la profondità del commento iconoteologico: “È curioso come la rappresentazione di un’idea teologica sia stata facilitata dalla bellezza. È che l’argomentazione ripetuta che Maria essendo immacolata smetterebbe di essere umana è contestata dall’umanità delle figure. Di fatto la preservazione dal peccato non rende una creatura meno umana. Le dà pienezza e libertà […]” (p. 68).
Nel ricco apparato delle immagini riprodotte a colori, che colpiscono per il numero e l’alta qualità fotografica, lo studioso avverte la mancanza di un Indice delle illustrazioni, insieme alle singole didascalie, i cui riferimenti si trovano, tuttavia, ampiamente citati nel corpo del testo.
Concludendo, il lavoro titanico e originale di Carlos A. Moreira Azevedo merita di essere non solo studiato e sondato per gli approfondimenti e i nuovi percorsi che apre, ma anche sfogliato e meditato per gli spunti di riflessione e di contemplazione che offre.
Del resto la bellezza è patrimonio universale, nel senso di eredità paterna a beneficio di tutti, anche quando si incarna in un eloquio locale. Così, attratti dalla bellezza di azulejos, sculture, miniature, pitture, incisioni portoghesi possiamo accostarci al mistero che è sempre lo stesso, unico ed eterno, della Trasfigurazione, poiché tutta l’iconografia cristiana è il tentativo di trasfigurare nel visibile l’invisibile e ineffabile Bello, Buono e Vero che è Dio.

Barbara Aniello



 Recensione C.A. Moreira Azevedo, Estudos de iconografia cristã (B. Aniello), Gregorianum 983 (2017), 673-675.

 https://www.unigre.it/Gregorianum/

 

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