Ha vinto la squadra che ha saputo
costruirsi con più pazienza, con più umiltà e andando contro tutto, visto
l’infortunio di Ronaldo. Ma si registra la scomparsa dei fantasisti
di Mario Sconcerti
C’ è un antico suono romantico in questa vittoria del Portogallo. È la grande
scuola dei secondi, sempre grandi giocatori e sempre inutili. Nel giorno giusto
perde il suo uomo del destino dopo pochi minuti. Alla fine segna e vince il suo
secondo sostituto, Eder. A questo punto non importa chi avrebbe davvero
meritato di vincere, la Francia ha fatto qualcosa di più, ma il Portogallo è
andato contro tutto, anche i suoi limiti. Non ha mai perso, ha giocato sempre
buon calcio, è un po’ lento e velleitario, ma conosce il gioco, sa che non avrà
niente di facile e per una volta riesce nell’impossibile. Da solo, senza
Cristiano Ronaldo.
A esclusivo premio della sua lunga storia piena di piazzamenti e
umiliazioni finali. Per questo è un risultato giusto, ha vinto la squadra che
ha saputo costruirsi con più pazienza, con più umiltà, con una regolarità quasi
noiosa ma che arriva da lontanissimo. Credo sia il corretto risultato di un
Europeo migliore del previsto. C’è stata buona tecnica nonostante 24 squadre
siano tante. In realtà si sono viste alcune novità, come il gioco alto
dell’Islanda e quello totale e arrangiato del Galles. Mi sembra che alla fine i
dati fondamentali siano stati quattro: la difficoltà dei centravanti, ormai
quasi esclusi dal gioco.
Una squadra come il Portogallo non ne aveva nemmeno uno di riserva. La
scomparsa dei fantasisti: non è una negazione volontaria, è un’assenza, non ce
ne sono più. In realtà è finito il dribbling, non è previsto da nessuno schema.
Terza cosa, la buona qualità media, cosa che rende le partite interessanti ma
un po’ noiose proprio per l’equilibrio. Siamo quasi tutti uguali, questo rende
lo spettacolo del calcio al di sotto degli interessi che causa. Ultima cosa, la
facilità di scomparire nel gruppo dei grandi talenti (Ibrahimovic, Lewandowski,
Draxler, lo stesso Ronaldo, Pogba, Rooney) e la nascita di nuovi (Joao Mario,
Sanches, soprattutto Griezmann, Sissoko, Krychowiak, Grosicki, Duda, Guerreiro,
Robson-Kanu). Frutto dell’essere ormai l’Europa un grande laboratorio dove
giocano tutte le razze del mondo. Forse non è un caso che abbia vinto un vecchio
popolo che il mondo lo ha scoperto.
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