Maria Grazia Ceccaroni Morotti Cambi Voglia
2.5.1924 - 21.11.2014
Disegnava instancabilmente.
Nei suoi piccoli block-notes che uscivano, segretamente, dalla sua borsa, ovunque, o in una sala da concerto, o in una chiesa, o in un salotto, e da quelle mani venivano fuori, con tratti singolari, personalissimi, figure e situazioni di una freschezza e di una verità incontestabili.
Spesso veniva, la sua arte, fraintesa, contestata, a volte, purtroppo, derisa, ma sono opinioni mediocri da ignorare, perché il suo disegnare, il suo dipingere era aspro e poco incline all’adulazione, ma mai cattivo.
Guardavo quei suoi fogli ammirato e lei smorzava questo mio entusiasmo dicendo “sono appunti, scarabocchi, che, non so se, poi, svilupperò su tela. Impressioni a cui non posso sottrarmi”.
ECCO, QUESTA ERA MARIA GRAZIA,
che pur sapendo di essere un’artista, non ne faceva mai sfoggio, anzi sembrava, quasi, nascondersi, celarsi.
Lei lodava, sempre, lo zio Rodolfo, il grande ceramista, o si accendeva per le opere di suo fratello Piero, ma mai aveva parole sulle sue opere.
Me le mostrava, sapendo che io le amavo, solo per dirmi “Ho lavorato tanto, o poco, quest’inverno, a Roma”.
Mi piaceva ogni anno, in estate, andarla a trovare, nella sua accogliente casa, a Recanati; era un appuntamento al quale non volevo mancare mai.
Mi accoglieva festosa, prodigiosamente giovane nell’aspetto; il tempo sembrava fermarsi davanti a lei intimorito dalla sua vibrante, ironica, intelligente personalità.
”Sono fatta così, non posso essere altrimenti”.
Era un personaggio; la sua indole saltava fuori, imperiosa, ovunque fosse e chiunque incontrasse.
La si ascoltava con gioia, arricchendosi, e lei sapeva ascoltare, con attenzione, consigliando, aiutando, in qualsiasi momento.
Generosa si donava agli altri, soprattutto a quelli che amava, primi fra tutti, Cesare, il marito gentile, Giacomo, figlio adorato e sempre presente.
Non riusciva a parlare male del prossimo, pur vedendo tutte le sue miserie, scoprendo, sempre, un aspetto positivo, in personaggi che di positivo avevano ben poco.
Sento che non ci ha lasciati e non ci lascerà mai, perché ogni volta che guarderemo un suo quadro, un suo disegno, un suo raro paesaggio, salterà fuori questa donna, questa grande signora, che usando matita e pennello, ci fa partecipi di quel suo mondo, che è anche il nostro mondo, che, con tutti i suoi difetti, lei profondamente amava, e, oggi, per sempre, c’invita ad amare, perché è la REALTA’ che non si può evitare, ma solo capire e vivere, come lei meravigliosamente, sapeva capire e vivere.
Grazie mia cara, indimenticabile AMICA.
Gianfranco Lelj
GIANFRANCO LELJ è nato a L'Aquila, ma è cresciuto a Bologna. Dopo essersi laureato in lettere moderne, insegna, presso la cattedra di filosofia moderna, Storia del Cinema per quattro anni nell'Università della sua città . La sua passione per il cinema lo porta alla fotografia come mezzo di avvicinamento per la settima arte. Dopo alcuni splendidi ritratti del soprano bulgaro Raina Kabaivanska, fa conoscenza con il regista Mauro Bolognini che, colpito da tali foto, lo scrittura come fotografo di scena per il suo film Fatti di gente per bene con Catherine Deneuve. L'eccellente risultato attira l'attenzione di Luchino Visconti, massimo regista europeo a quei tempi, che chiama Lelj a Roma per seguire la lavorazione del suo film L'innocente tratto da D'Annunzio.
IN http://www.lelj.net/
GIANFRANCO LELJ è nato a L'Aquila, ma è cresciuto a Bologna. Dopo essersi laureato in lettere moderne, insegna, presso la cattedra di filosofia moderna, Storia del Cinema per quattro anni nell'Università della sua città . La sua passione per il cinema lo porta alla fotografia come mezzo di avvicinamento per la settima arte. Dopo alcuni splendidi ritratti del soprano bulgaro Raina Kabaivanska, fa conoscenza con il regista Mauro Bolognini che, colpito da tali foto, lo scrittura come fotografo di scena per il suo film Fatti di gente per bene con Catherine Deneuve. L'eccellente risultato attira l'attenzione di Luchino Visconti, massimo regista europeo a quei tempi, che chiama Lelj a Roma per seguire la lavorazione del suo film L'innocente tratto da D'Annunzio.
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