Trascriviamo qui il testo di Maria Laura Rodotà, pubblicato ieri, 9 agosto 2016 sul Corriere della Sera, con il titolo:
Il racket di bancarelle e centurioni che fa male al nostro turismo
Una visione molto poco bella, e purtroppo giustissima, del turismo a Roma - ma molto lusinghiera con il Portogallo.
In
quanto sellerona (in romano, donna troppo alta) pure metallizzata (non
più tinta, refrattaria al biondo Roma Nord che i parrucchieri cercano di
importi quando invecchi), ho un posto in prima fila allo spettacolo
d’arte varia che è il trattamento dei turisti nella capitale.
Mi capita
di arrivare con gli acquisti alla cassa di un bar, e sentirmi sparare il
doppio del prezzo in inglese. Se indugio per goffaggine, sento
commentare «quanto so’ sceme ‘ste americane». Se cammino per una via del
centro, mi tampina ogni cameriere di ristorante di cibo precotto.
Salendo su un taxi, ostento il mio migliore accento da banda della
Magliana per mettere in chiaro che lotterò per essere fregata.
Questo
per dire che, se scopriamo come in Italia, negli ultimi dieci anni, il
turismo è aumentato del 9,3%, che sembra tanto ma è metà della Spagna,
un terzo del Portogallo, un ottavo della Grecia, qualche motivo ci sarà.
Un conto è essere simpatiche canaglie («lovable rogues», se volete
proporvi ai visitatori). Un conto è creare un’economia di rapina,
contare sulle rendite di posizione e di rado sulla qualità, accettare
racket di bancarelle abusive che impallano gli edifici e le piazze più
belle, e consentire altri racket.
Perché sono racket quelli dei
centurioni come quelli dei presunti musicisti di strada che girano con
amplificatori da stadio (provate ad ammirare i Fori; vi serviranno i
tappi, a meno che non siate un po’ sordi e molto appassionati di Besame
Mucho suonato male). Un altro conto, ahimé, è fare i turisti in una
città meno ricca delle nostre come Lisbona, civile, gentile, senza
parcheggi selvaggi e insegne orrende. Dove i locali truffaldini bisogna
cercarli, e figuranti molesti non ne trovi (e la marijuana è legale da
anni, ma ne gira meno che a Trastevere, ad annusare).
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