mercoledì 6 dicembre 2017

FRANCO CUOMO INTERNATIONAL AWARD, UNA SERATA NEL SEGNO DELLA CULTURA

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Una rosa di vincitori di altissimo livello e una serata nel segno della cultura. E’ stato un grande successo anche quest’anno il Franco Cuomo International Award, il premio organizzato dall’Ancilink con il patrocinio ECPD, il Centro Europeo per la Pace e lo Sviluppo delle Nazioni Unite. Lo scrittore e magistrato Giancarlo De Cataldo e il neo Rettore e grande francesista italiano Luca Pietromarchi i premiati per la Sezione Letteratura;  Antonio Calbi, direttore dello Stabile di Roma e lo spettacolo teatrale Mediterriamo, andato in scena il 13 ottobre a Firenze, per la Sezione Teatro; lo storico Agostino Giovagnoli e  la giornalista Adriana Pannitteri per la sezione Saggistica-Giornalismo; Oliviero Rainaldi e Marco Tirelli, per la Sezione Arte.
Riconoscimenti speciali sono stati consegnati in collaborazione con l’Ancislink, rappresentata alla cerimonia dal suo presidente, il professor Franz Ciminieri,  al missionario Padre Giulio Albanese, al professor Francisco de Almeida Dias, al generale Angiolo Pellegrini, allo scultore polacco Krzysztof Bednarski e al diplomatico algerino Idriss Jazairy, Special Rapporteur of the Human Rights Council, organismo intergovernativo delle Nazioni Unite.
Il filo rosso della manifestazione, che si è tenuta nella sala Zuccari di Palazzo Giustiniani il primo dicembre:  la necessità di liberare la cultura dal ghetto nella quale l’era del web vorrebbe relegarla e di utilizzarla come strumento di democrazia, di crescita  e di sviluppo, potente mezzo di dialogo contro i conflitti e le guerre.
La cultura è anche un mezzo potente per affermare la legalità,  ha sottolineato De Cataldo,  che, rispondendo poi a una domanda sul caso Spada e la vicenda di Ostia, ha detto che rispetto al passato, rispetto ai tempi della banda della Magliana, protagonista del suo bestseller “Romanzo Criminale” la situazione è migliore. “Lo stato c’è , la sua presenza oggi è forte”.
Appassionato anche l’intervento del nuovo rettore, che ha annunciato chela capitale avrà presto un politecnico del mare. “Come Università Roma Tre stiamo progettando a Ostia un polo interdisciplinare del mare per sostenere la riqualificazione di questo territorio e permettere a figure professionali attinenti di trovare lì il loro habitat naturale. Saranno attivati, quindi,  corsi di economia del mare, scienze del mare, cantieristica, ingegneria portuale, archeologia marina, controllo satellitare delle coste, diritto della navigazione, biologia marina. Uno scambio interculturale che sarà utile sia agli studenti che al litorale laziale per tornare alla ribalta per la sua eccellenza, più che per le sue criticità”, ha detto Pietromarchi, illustrando l’iniziativa.
E tra le declinazioni della cultura, intesa   come fattore di progresso, c’è il teatro. Il teatro, ha detto il direttore dello Stabile di Roma Antonio Calbi,  è la prima espressione di democrazia e oggi può sopravvivere al web solo se gli viene restituita la sua funzione originaria di agorà civile e culturale, di parlamento sociale.. E questo è tornato il palcoscenico dell’Argentina sotto la sua gestione, un luogo vivo di interazione tra gli artisti e il pubblico, un laboratorio di innovazione, in grado anche di guardare al passato, un punto di riferimento della città per tutti.
E nasce da una concezione analoga di teatro, anche lo spettacolo “Mediterri-Amo: immagini, parole e musiche del nostro mare”, messo in scena il 13 ottobre 2017 al Teatro della Pergola di Firenze, uno spettacolo che ha visto alternarsi sul palco, diretti da Ferdinando Ceriani, grandi attori e artisti: il violinista siriano Alaa Arsheed, Eugenio Bennato, Stefano Fresi, Lino Guanciale, Enzo Moscato, l’ Orchestra delle donne arabe Almar’à, l’Orchestra di Piazza Vittorio, Alessandro Preziosi, Pasquale Scialò, Peppe Servillo, il Solis String Quartet. Un evento-simbolo, il cui incasso è stato devoluto all’UNHCR, che si inserisce in  un più ampio progetto internazionale messo in campo contro guerre, terrorismo, muri, intolleranza, crisi del dialogo.
Delle nuove sfide del futuro e della valore della storia, ma anche delle fake news nell’età dei social network ha parlato il grande storico Agostino Giovagnoli, premiato per il suo  saggio “La Reppubblica degli Italiani” (LaTerza), che ricostruisce le vicende  del nostro paese dal 1946 a oggi e analizza le trasformazioni che sono all’origine della crisi della democrazia rappresentativa e della fine dei partiti di massa.
La grande emergenza del nostro tempo, la violenza nei confronti delle donne, è  stato il tema al centro dell’intervento della giornalista e scrittrice Adriana Pannitteri, autrice di tante inchieste importanti su fenomeni legati a gravi fatti di cronaca e ora anche di un romanzo dal titolo “Cronaca di un delitto annunciato”,  dedicato proprio ad una storia di femminicidio. “Non dobbiamo cadere nell’equivoco di definire delitto passionale gli omicidi di cui sono vittime le donne. Anzi l’espressione stessa di delitto passionale va eliminata”, ha detto la giornalista, facendo appello ai media  a un uso corretto del linguaggio nella comunicazione di  queste drammatiche notizie, evitando scorciatoie linguistiche intrinsecamente giustificatorie.
E dai tre artisti premiati, Oliviero Rainaldi, Marco Tirelli e il polacco Krzysztof Bednarski, che si è aggiudicato il premio speciale alla carriera, è arrivata una profonda riflessione sulla funzione dell’arte oggi, sul ruolo che al di là della mercificazione gli artisti devono riconquistarsi all’interno della società.
Della grande emergenza immigrazione e dei poveri del mondo hanno parlato invece il diplomatico algerino Idriss Jazairy, che nelle sue vesti di  Special Rapporteur of the Human Rights Council, organismo intergovernativo delle Nazioni Unite si occupa di analizzare l’impatto sui diritti umani delle sanzioni imposte unilateralmente da alcune nazioni nei confronti di singoli paesi; e il missionario comboniano padre Giulio Albanese, giornalista, fondatore dell’agenzia di stampa Misna, autore di pubblicazioni di successo, un intellettuale straordinario che opera sul campo accanto ai più fragili. Sia Jazairy che Albanese hanno fatto appello all’occidente a guardare oltre i propri confini. “Il terrorismo è un’emergenza –ha detto don Giulio- solo quando colpisce Europa e Stati Uniti. Pochissimi tra i nostri quotidiani hanno per esempio riportato in prima pagina la strage avvenuta a Mogadiscio, in Somalia, il 14 ottobre scorso: 358 persone hanno perso la vita e 228 sono state ferite nell’esplosione di un camion bomba nel cuore della città. Un vero e proprio 11 settembre,  avvenuto in un paese in cui sono attive fa tempo le milizie islamiste di Al-Shabaab, il gruppo associato ad Al-Qaeda”.
La necessità del dialogo, la conoscenza reciproca, lo scambio culturale al di là del web sul territorio, attraverso un inteso lavoro di scoperta e mediazione è stato l’argomento trattato nel suo intervento dal professore Francisco de Almeida Dias, docente all’ Ateneo della Tuscia, per cinque anni collaboratore alla cattedra  Josè Saramago dell’Università Roma Tre, ma soprattutto membro dell’Istituto Portoghese di Sant’Antonio a Roma. Istituzione, nata  dall’antico Ospizio dei Portoghesi in Campo Marzo, che nel Quattrocento,  che oggi è tra  i più vivaci cenacoli culturali della capitale e del quale ha illustrato le molteplici iniziative.
E ancora si è parlato della  storia politica più trafica dell’Italia  con il generale Angiolo Pellegrini che ha ripercorso gli anni di lotta alla mafia al fianco di Giovanni Falcone, che ha dedicato alle vittime della criminalità organizzata il premio speciale Franco Cuomo che gli è stato conferito per il suo libro “Noi gli uomini di Falcone. La guerra che ci impedirono di vincere”, edito da Sperling &Kupfer e scritto in collaborazione con Francesco Condoluci, che racconta, per la prima volta e dall’interno, quel momento tragico ed eroico, in particolare i giorni vissuti al fianco del celebre magistrato italiano, morto insieme alla moglie Francesca Morvillo e a tre uomini della scorta,  Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani, nella strage di Capaci il 23 maggio 1992. Un omaggio a chi sacrificò la propria vita e di cui va tramandata la memoria. Ma anche una preziosa e coraggiosa testimonianza di una stagione insanguinata, il periodo senz’altro più drammatico della lotta alla mafia, che poteva essere battuta ma non lo fu, perché «il vero nemico – come racconta il generale – rimase senza volto: un oscuro, ambiguo potere politico che prima negò i mezzi, risorse e possibilità, e poi smantellò la squadra». «In fondo – è la sua amara conclusione – a voler vincere quella guerra, erano davvero in pochi”.
A tracciare un breve ma intenso ritratto di Franco Cuomo, scrittore, drammaturgo, giornalista, scomparso dieci anni e al quale è dedicato il premio, è stato il figlio Alberto Cuomo, giovane economista, che ha annunciato la ripubblicazione di due delle opere più note di Franco Cuomo: Gunther d’Amalfi, il romanzo che nel 1990 fu finalista allo Strega e oggi edito da Tipheret e I Dieci, il saggio riproposto da Bonanno, che ha contribuito a far luce sugli scienziati che nel 1938 firmarono il Manifesto della Razza, dando inizio alle persecuzioni  degli ebrei in Italia. Libri che sono stati distruibiti in omaggio al pubblico che ha preso parte all’evento.
Alberto Cuomo ha anche consegnato un riconoscimento speciale della Presidenza del Franco Cuomo International Award a Cosimo Cinieri, attore e regista di grande talento, amico di Franco Cuomo, e come lui grande e instancabile sperimentatore.
A scegliere i premiati è stata una giuria di grande prestigio, presieduta dal professor Otello Lottini e composta da intellettuali ed esponenti del mondo della cultura in Italia: Giuseppe Marra, Presidente del Gruppo GMC Adnkronos, Maurizio Scaparro, autore e regista teatrale, Samir Al Qaryouti, giornalista arabo, decano della Stampa Estera , Paolo Acanfora, docente di Storia contemporanea allo IULM di Milano, Giancarlo Bosetti, direttore della rivista internazionale Reset Doc, Emilia Costantini, scrittrice e giornalista del Corriere della Sera, Piotr Salwa, direttore dell’Istituto polacco di Cultura, Maria Pia Fiorentino, scrittrice e giornalista, direttore della rivista L’eterno Ulisse.


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