venerdì 11 novembre 2016

Paolo Barosso scrive sui legami tra Piemonte e Portogallo - la mostra di Gabriele Reina

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Testo e foto di Paolo Barosso 

Proseguirà sino al 27 novembre, nella splendida cornice del castello Della Rovere a Vinovo, alle porte di Torino, la mostra dal titolo “Stemmi e cavalieri lusitani in Piemonte”, promossa dal Comune di Vinovo e dall’Associazione Amici del Castello con il patrocinio di Regione Piemonte, Torino Metropoli, Real Casa di Savoia e Collegio Araldico.

 
Castello di Vinovo – il fronte sud con i torrioni bramanteschi

L’esposizione, inserita nel quadro delle celebrazioni per i 600 anni del Ducato di Savoia (1416-2016), si propone di illustrare al pubblico il legame plurisecolare tra Piemonte e Portogallo, risalente al tempo del matrimonio tra il duca di Savoia Carlo II detto il Buono, padre del celebre Emanuele Filiberto, e Beatrice del Portogallo, utilizzando l’araldica, disciplina che studia la nascita e l’evoluzione delle arme familiari e dinastiche.


Come è stato spiegato in occasione della cerimonia inaugurale, tenutasi sabato 5 novembre con una conferenza introduttiva di Fabrizio Antonielli d’Oulx, esperto di araldica, e Gabriele Reina, pittore ritrattista, la mostra espone 40 stendardi di grande formato realizzati dallo stesso Reina con l’intento di riprodurre fedelmente, mediante tecniche tradizionali (olio su tela con imprimitura e acrilico a encausto), le arme dinastiche delle principali famiglie lusitane, catalogate all’interno del codice miniato eseguito tra 1521 e 1549 per volere del re del Portogallo Manuele I il Fortunato, padre di Beatrice duchessa di Savoia.

 
Il Salone d’onore gremito in occasione della conferenza inaugurale

Ne risulta un importante lavoro di documentazione e rielaborazione in chiave artistica di stemmi familiari e dinastici con particolare riguardo alle famiglie della nobiltà portoghese che presero parte alla spedizione navale diretta a Nizza nel 1521 per le nozze di Beatrice del Portogallo con Carlo di Savoia.


Diverse dame del seguito della duchessa e alcuni esponenti di queste famiglie, che avevano lottato con la Reconquista per strappare agli Arabi le terre avite, si fermarono in Piemonte, imparentandosi con famiglie sabaude (Challant, Incisa, Frossasco) e acquistando terre e feudi (Strevi, Sanfrè, Staffarda). Tra i portoghesi che si distinsero in Piemonte ricordiamo Alfredo d’Andrade, grande studioso dei monumenti del Medioevo piemontese, la cui famiglia era originaria di Andrade, località della Galizia, regione storicamente legata al Portogallo.


Accanto agli stendardi lusitani, esposti lungo le pareti del chiostro interno al castello, la mostra propone una serie di cimeli che illustrano la storia dell’edificio, dalle origini medioevali al rifacimento tardo-quattrocentesco, voluto dalla potente famiglia Della Rovere, sino al passaggio all’Ordine Mauriziano e ai tentativi sette-ottocenteschi di trasformare il maniero in sito produttivo, dapprima con l’avvio di una manifattura di ceramiche, divenuta celebre come Real Fabbrica di Porcellane di Vinovo, fondata da Brodel e dal ceramista alsaziano Hannong, che poi nel 1780 cedettero la direzione al medico torinese Vittorio Amedeo Gioanetti, e successivamente, dal 1843 al 1918, con l’insediamento di una tessitura di tappeti e telerie, voluta dalla famiglia Rey, che fu anche l’ultima ad abitare con continuità il castello prima della sua cessione al Comune, attuale proprietario, nel 1973.

 Vittorio Amedeo Gioanetti, direttore della Real Fabbrica di Porcellane di Vinovo

La mostra è anche l’occasione per visitare lo splendido maniero, che si discosta, per forma architettonica e apparato decorativo interno, dalle tipologie castellane del Torinese, sia per l’impronta stilistica di matrice rinascimentale che caratterizza la struttura, sia per l’originale commistione di elementi figurativi padano-lombardi e umbro-romani che si evidenzia nel repertorio pittorico delle sale, attribuito in parte ad allievi del Pinturicchio.

 
Il fronte nord del castello di Vinovo con le torri provviste di beccatelli e lo scalone juvarriano

L’edificio si presenta sul fronte sud come una residenza rinascimentale, composta da un massiccio corpo centrale e da due torrioni laterali che rivelano, soprattutto nel disegno del coronamento, influssi bramanteschi, evidenti nella sequenza di arcate che incorniciano un alternarsi di nicchie e finestre, mentre il prospetto verso nord, quello da cui si dipartiva il viale di carpini che fiancheggiava la strada in direzione della capitale, Torino, e che oggi è abbellito da uno scalone juvarriano, conserva il ricordo dell’originaria funzione di fortezza medioevale, in particolare nelle due torri provviste di beccatelli e caditoie.
I lavori di ammodernamento che tramutarono il preesistente castello medioevale (solo in parte insistente nell’area occupata dall’odierno edificio) in splendida residenza principesca rinascimentale si protrassero dal 1480 al 1515 e seguirono all’acquisita fortuna della famiglia proprietaria, i torinesi Della Rovere, che avevano legato le proprie sorti ad un’omonima famiglia savonese, recante lo stesso nome, Della Rovere, assurta ad alti onori con la salita di uno suo esponente, Francesco, al soglio pontificio con il nome di Sisto IV nel 1471. Il pontefice Della Rovere, pur non legato da vincoli di parentela con il ramo torinese, accolse sotto il suo mantello protettivo i fratelli Cristoforo e Domenico Della Rovere, appoggiando la nomina di quest’ultimo, dopo la morte del primo, a cardinale di San Vitale e vescovo di Tarentaise e Ginevra, diocesi a cui rinunciò nel 1482 per essere investito della carica di vescovo di Torino.

 
Veduta del soffitto del Salone d’onore con il fregio pittorico di scuola pinturicchiesca

Fu la vasta cultura e il mecenatismo di Domenico a consentirgli, durante il soggiorno romano, di entrare in contatto con i massimi artisti del tempo, in particolare con la cerchia del Pinturicchio, pittore umbro che dal 1480, insieme con altri artisti e ispirandosi al repertorio decorativo della Domus Aurea neroniana, fortuitamente riscoperta in quegli anni nelle cosiddette grotte del Colle Esquilino, portò in auge l’uso della Grottesca, con le sue figurazioni fantastiche, e promosse il gusto per l’antico, due elementi che si ritrovano nel repertorio pittorico vinovese.

 
Particolare di una formella in cotto

La concomitanza del cantiere della nuova Cattedrale di Torino, realizzata tra 1492 e 1498 per volere di Domenico della Rovere, con i lavori di rifacimento del castello di famiglia a Vinovo accredita l’ipotesi di un intervento a Vinovo di architetti toscani, forse Baccio Pontelli o forse Amedeo da Settignano, detto Meo del Caprino, colui che fornì appunto i disegni per il Duomo torinese. L’allestimento delle sale interne venne probabilmente commissionato più tardi, nei primi del Cinquecento, per iniziativa di Martino, erede dei beni di Domenico, ed è a quest’epoca che risalgono le più belle soluzioni decorative, ancora oggi ammirabili nel percorso di visita, come il cortile interno con porticato coperto al piano terra e loggiato al secondo, e il Salone d’onore nella manica Ovest, che presenta lungo le pareti un fregio pittorico attribuito dalla critica alla scuola del Pinturicchio.

 
Veduta del cortile interno

Il cortile interno si caratterizza per il ricercato apparato decorativo in cotto, tra cui si evidenziano nei pennacchi tra un arcata e l’altra i medaglioni contrapposti recanti le effigi degli imperatori Nerone e Galba e la rappresentazione della Libertas Restituta, e nei capitelli e lesene dei fregi con il motivo ricorrente del ramo di quercia, allusione all’arme dei Della Rovere. La decorazione pittorica del Salone presenta invece una successione di medaglioni con figure dell’antichità romana, sorretti da grandi tritoni cavalcati da amorini, con i motivi ricorrenti della cornucopia, di matrice classica, e del ramo di quercia. Curiosa è la raffigurazione della fenice che risorge dalle fiamme d’un braciere.

 
Una delle sale del castello decorata a stucco

Al primo piano del castello, infine, è celato un altro tesoro d’arte, la Sala delle Stagioni, con decorazioni pittoriche a Grottesca, realizzate verso il 1570, affini agli esempi di Lagnasco e La Manta, che si spera possa essere presto recuperata per una completa fruizione dello splendido edificio, raro esempio di architettura castellana rinascimentale in Piemonte.

 
Soffitto affrescato nel castello di Vinovo

 Paolo Barosso

Fonti bibliografiche:
Ilario Manfredini, “Il Castello Della Rovere di Vinovo“, Tipografia Artigiana Vinovese, Vinovo, 2007

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