sabato 31 maggio 2014

Uno scrittore 'sull'orlo del mondo': Roma e il Portogallo nel romanzo di Stefano Valente „Uno scrittore 'sull’orlo del mondo': Roma e il Portogallo nel romanzo di Stefano Valente

Notizia sulla presentazione di Stefano Valente all'IPSAR in
http://www.romatoday.it/eventi/sepre-mirto-romanzo-stefano-valente.html

Uno scrittore 'sull'orlo del mondo': Roma e il Portogallo nel romanzo di Stefano Valente


Uno scrittore 'sull'orlo del mondo': Roma e il Portogallo nel romanzo di Stefano Valente

Grande affluenza di pubblico ieri 29 maggio, nella splendida cornice del salone nobile dell’Istituto di Cultura Portoghese di Roma, per la presentazione dell’ultimo romanzo di Stefano Valente, “La Serpe e il Mirto (1978)”, edito da Parallelo45. Valente e il suo nuovo libro – una storia che intreccia il Mystery e il Giallo esoterico sullo sfondo degli anni di piombo (e prende il via proprio in quel drammatico 16 aprile ’78 del rapimento Moro) – sono stati introdotti dall’ambasciatore del Portogallo presso la Santa Sede, António de Almeida Ribeiro. La presentazione è stata curata dalla traduttrice e curatrice editoriale Guya Parenzan.
LA SERPE E IL MIRTO - “La Serpe e il Mirto (1978)” narra il tuffo nel Mistero – fino al Mistero dei misteri – di Aguilar Mendes, studioso di letteratura, che dall’Argentina dei militari e dei desaparecidos è scaraventato negli “oscuri” vicoli di Roma, nel labirinto dei suoi enigmi, millenari e presenti. Ma è anche una spy-story che scava nei segreti del Potere e dei suoi perversi ingranaggi che muovono le vite degli uomini come pedine cieche su una scacchiera di sangue. Lo stesso gioco spietato che trascinerà il protagonista, Aguilar Mendes, dall’Italia a Lisbona, da Oporto al Brasile, dalla Terra del Fuoco ai misteri della Roma sotterranea.


Uno scrittore 'sull'orlo del mondo': Roma e il Portogallo nel romanzo di Stefano Valente

L'AUTORE E IL PORTOGALLO - L’ambasciatore de Almeida Ribeiro, e il rettore dell’Istituto di Cultura Portoghese monsignor Agostinho da Costa Borges, hanno ricordato il legame inscindibile di Stefano Valente con il Portogallo e la sua cultura. Il portoghese è la sua “lingua dell’anima”, e “La Serpe e il Mirto (1978)” è il suo secondo romanzo che vortica attorno alla «minuscola nazione affacciata sull’orlo del mondo, dal suo "immenso passato che continua a segnare il futuro"; nel 2008 è infatti uscito l’altro thriller esoterico “Lo Specchio di Orfeo” (Barbera editore), pubblicato contemporaneamente anche in Portogallo (“O Espelho de Orfeu” – Ésquilo edições).
PATROCINIO AMBASCIATA PORTOGHESE - La presentazione, sotto l’alto patrocinio dell’ambasciata portoghese presso la Santa Sede, è stata ospitata nel fastoso e storico salão nobre dell’Istituto di Cultura, che sorge nello stesso complesso della chiesa di Sant’Antonio dei Portoghesi, al centro di Roma, in via dei Portoghesi. Giornalisti e figure d’eccezione della cultura lusofona tra il pubblico che ha gremito il salone: anche Rita Desti, la traduttrice e la “voce italiana” del Premio Nobel José Saramago. Una curiosa coincidenza per un libro imperniato sulle giravolte del destino e del Tempo: è proprio di ieri la notizia dell'avvio di una nuova commissione di inchiesta parlamentare sul caso Moro.





mercoledì 28 maggio 2014

I muri che mormorano... l'artista plastica Manuela Pimentel a Giugno, nella galleria IPSAR

http://www.ipsar.org/modules.php?name=News&file=article&sid=115

5 giugno - Galleria IPSAR: Manuela Pimentel, “Murmúrios de Muros”


«Tappezzare le mura, arredarle, graffitarle. La libertà è sempre condizionale, condizionata. L’orizzonte è sempre coperto da muri. Se l’interno è, per definizione, una gabbia, l’esterno è un labirinto. E il dentro si distingue dal fuori soltanto dal soffitto, non dalle pareti. E dagli occupanti. Dentro, ci si sta a casa. Fuori, circolano minotauri e cacciatori di minotauri e ragazzine impaurite, sacrificate ai mostri.» Inaugurazione giovedì 5 giugno alle ore 18:00.


L’inaugurazione di Murmúrios de Muros di Manuela Pimentel avrà luogo giovedì 5 Giugno 2014, alle ore 18.00 presso la galleria d’arte dell’Istituto Portoghese di Sant'Antonio in Roma in Via dei Portoghesi, 6.
La mostra rimarrà aperta sino al 22 Giugno 2014 dal mercoledì alla domenica, dalle 17.00 alle 20.00.

Mormorii di muri

«Le ragazzine non dovrebbero mai essere rinchiuse. I sogni nascono della carenza. Il principe azzurro è un fantasma generato dalla mancanza d’amore. Le mura trasudano desiderio di libertà. Ma il paradosso del prigioniero, descritto da Kafka, è inevitabile: se, da un lato, la voglia del recluso è tutta rivolta verso un unico punto di fuga - o meglio, d’evasione - che determina la prospettiva totale, d’altro canto è necessario sopravvivere alla clausura e, così, far diventare confortevole la cella confortevole o, almeno, abitabile. Tappezzare le mura, arredarle, graffitarle. La libertà è sempre condizionale, condizionata. L’orizzonte è sempre coperto da muri. Se l’interno è, per definizione, una gabbia, l’esterno è un labirinto. E il dentro si distingue dal fuori soltanto dal soffitto, non dalle pareti. E dagli occupanti. Dentro, ci si sta a casa. Fuori, circolano minotauri e cacciatori di minotauri e ragazzine impaurite, sacrificate ai mostri. E magari altri esseri, timidi o imbarazzati, che hanno scritto sulle mura la sua fame o la sua profusione d’amore, che sono esseri chiusi sofferenti dalle stesse privazioni, con i quali la prigioniera, pur non vedendogli, si riconosce somigliante, sorella. Una soluzione sarebbe interiorizzare le mura della città, con le sue maioliche, i suoi cartelloni strappati e i suoi graffiti, con i suoi racconti, le sue promesse, le sue grida - perché le mura parlano a chi le sa ascoltare; trasportarle dentro casa, appenderle come una fila di finestre coperte nelle pareti interiori della cella mentale, rispondere all’invito che loro fanno. Perché la libertà rimane sempre dall’altra parte. Da questa qua ci sono i giorni contati, le dichiarazioni cancellate, le lacrime contenute, gli incontri mancati, i messaggi strappati, i desideri murati, il peso dei pentimenti.


Manuela Pimentel
Nata a Oporto nel 1979. Vive e lavora a Leça da Palmeira.
Il suo lavoro si sviluppa in diverse aree e pratiche artistiche, tra le quali la pittura, il disegno, la scenografia e il video.
Laureata in Arti Plastiche, indirizzo Disegno, si è poi specializzata in Litografia e Arte Multimediale nella Escola Superior Artística do Porto (ESAP) nel 2003. Formatasi in Xilografia tradizionale giapponese con il Professore Hiroshi Maruyama(Tokyo) nel 2003 e in Incisione con il Professore Dacos (Belgio) nel 2006.
Ha svolto differenti progetti insieme ad altri artisti, dai quali risaltano gli ultimi interventi in ambito scenografico per il teatro e il cinema: Cyrano de Bergerac nel Teatro de Ponte de Lima, 2011; Fraseador nel Teatro Campo Alegre, 2012;i cortometraggi Check Point Sunset, di Pedro Ludgero, 2012 e KINO di Natalia Warth, girato a Roma nel 2012. È stata varie volte l’artista invitata per la costruzione dell’immagine dello spettacolo di Poesia, inserito nel progetto Quintas de Leitura nel Teatro Campo Alegre, a Oporto.
Fondatrice di “Impressões de Risco” nel 2004, presenta lì il suo lavoro in diversi formati portatili con l’obiettivo di rendere l’arte accessibile a tutti. Nel 2007 ha ricevuto il 1º premio di Pittura “Servartes - Corpo em expressão” e nel 2004 il premio ESAP del Corso Superiore di Arti Plastiche. La sua opera è rappresentata in diverse collezioni pubbliche e private.Collaboratrice e membro del Gruppo “Afrontamentos” dal 2008.
Presente in diverse mostre personali e collettive dal 2001. Da registrare il suo intervento nel 2012 nella galleria Edge Arts a Lisbona e nella galleria Otto luogo dell'arte a Firenze con “Tabula Rasa”; “NOC NOC” a Guimarães, Capitale Europea della Cultura, con la scultura “P.S. AMO-TE” – un aereo in acrilico e resina su cartelloni pubblicitari, tecnica che esplora in diversi formati.



martedì 27 maggio 2014

31 maggio: notte di Fado a Sant'Antonio dei Portoghesi



Sabato 31 Maggio 2014 Ore 21.00

Concerto di Musica Portoghese

Cortile dell’Istituto

Tradizionale Notte di “Fado” 

Sérgio da Silva, Voce
Paulo Valentim, Chitarra portoghese
Bruno Costa, Chitarra classica

(Ingresso con partecipazione alle spese e fino ad esaurimento posti)



venerdì 23 maggio 2014

29 maggio, ore 18:00 - presentazione dell'ultimo romanzo di Stefano Valente, "La Serpe e il Mirto"



L'ultimo romanzo di Stefano Valente, glottologo e lusitanista, studioso delle lingue e letterature ibero-romanze,un "tuffo nel Mistero – fino al Mistero dei misteri – di Aguilar Mendes, studioso di letteratura, che dall’Argentina dei militari e dei desaparecidos è scaraventato negli “oscuri” vicoli di Roma, nel labirinto dei suoi enigmi, millenari e presenti." Lisbona e Porto e anche una scena ambientata a Sant'Antonio dei Portoghesi.

Presentazione a cura di Guya Parenzan. Sessione presieduta da S. E. l’Ambasciatore del Portogallo presso la Santa Sede, Dott. António de Almeida Ribeiro.

il giovedì 29 Maggio 2014, alle ore 18.00
nel salone nobile dell’ Istituto Portoghese di Sant'Antonio in Roma
Via dei Portoghesi, 2

La serpe e il mirto (1978) ovvero il tempo secondo Aguilar Mendes
di Stefano Valente

Il tuffo o nel Mistero – fino al Mistero dei misteri – di Aguilar Mendes, studioso di letteratura, che dall’Argentina dei militari e dei desaparecidos è scaraventato negli “oscuri” vicoli di Roma, nel labirinto dei suoi enigmi, millenari e presenti. L’azione prende il via proprio nella mattina cruciale del rapimento di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse: da qui in poi Aguilar Mendes, verrà travolto dal girotondo del Tempo che, da quel giorno di piombo del 1978, lo condurrà avanti e indietro per i continenti, tra figure spettrali, complotti politici, segreti e amori. Gli “ospiti” di una strana pensione di Roma. Epici bravacci che portano il terrore e il carnevale fin dentro il cuore del Brasile. Santi-teologi in bordelli della Terra del Fuoco. Un gatto di Oporto (?) e tre cani infernali. Antenati-Serpenti dell’altra parte del mondo. Le malinconie dolci di Lisbona.


Stefano Valente, glottologo e lusitanista, è studioso delle lingue e letterature ibero-romanze. Tra i titoli pubblicati: il romanzo storico Del Morbo – Una cronaca del 1770 (Serarcangeli, 2004), Premio Athanor; il thriller esoterico Lo Specchio di Orfeo (Liberamente, 2008), tradotto anche in Portogallo (O Espelho de Orfeu – Ésquilo Edições). Nel 2013 ha vinto il premio “Linguaggi Neokulturali” (www.kultural.eu) con l’inedito Di altre Metamorfosi, primo su 2046 romanzi. La sua è una scrittura colta, attenta ai vari livelli di linguaggio, che ama sperimentare nuove strutture narrative, spesso “giocando” – e incrociando – i più diversi generi letterari. Da sempre insegue e tenta di descrivere «quel tratto, quell’attimo comunque decisivo, in cui l’essere umano agisce – o si estrania – e nega se stesso scoprendo il suo contrario».  

Guya Parenzan è nata nel 1963. Francesista, traduttrice, editor e curatrice editoriale, ha lavorato per agenzie letterarie e tradotto romanzi e saggi dal francese per case editrici italiane. La affascinano la mitologia, la storia delle religioni, la psicologia, l'antropologia e, in genere, la letteratura che rivela nuovi mondi, o che racconta quello in cui viviamo da un punto di vista differente e originale.

lunedì 19 maggio 2014

Su Rai1 arriva LEGAMI, vincitrice Emmy

La serie portoghese che ha sbancato tutti gli indici di ascolto



Il 24 maggio al via in prima serata su Rai1, le prime due puntate della serie portoghese "Legami" che ha sbancato tutti gli indici di ascolto dei paesi in cui è stata presentata, aggiudicandosi il prestigioso Emmy Award come miglior serie TV. Gigi D'Alessio firma per l'Italia la sigla iniziale della serie. Protagoniste le modelle e attrici Diana Chaves e Joana Santos affiancate da Diogo Morgado, noto per la sua recente interpretazione di Gesù nella miniserie americana La Bibbia."Legami", portata in Italia dalla Valter Casini Edizioni è una coproduzione di 320 puntate tra la portoghese SIC e la brasiliana TV Globo per la regia di Bruno José e Patricia Sequeira. 

Siamo nel 1984. Una ricca famiglia decide di trascorrere il pomeriggio sulle rive di un fiume nel nord del Portogallo. Le bambine, Ines e Marta, giocando iniziano a litigare per una bambola e finiscono in acqua. Il padre riesce a salvare Ines ma muore mentre cerca di trarre in salvo Marta. Una coppia, la cui figlia è morta da poco, la trova lungo la strada, sola, smarrita e ferita; decide di trarla in salvo prendendosi cura di lei e portandola a Lisbona. Marta per loro diventerà Diana assumendo il nome della loro figlioletta morta. Un salto temporale ci porta nel 2010. Diana, da sempre afflitta dalla povertà in cui vive la sua famiglia, ascolta fortuitamente una conversazione tra i suoi genitori e viene a sapere di non essere la loro figlia naturale. Inizia così ad indagare sul suo passato e scopre chi è la sua vera famiglia. "Legami" si è aggiudicata anche una nomination ai Golden Globe in Portogallo.

http://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/tv/2014/05/12/su-rai1-arriva-legami-vincitriceemmy_
0effc733-173f-459c-90c6-640d21a5e11e.html


giovedì 15 maggio 2014

21 maggio, ore 17:30 - presentazione "Bertina Lopes. Tutto ( quasi)"

La Direttrice della Biblioteca di Archeologia e Storia dell'Arte
Maria Concetta Petrollo Pagliarani 
è lieta di invitare la S.V. alla presentazione del volume


Bertina Lopes. Tutto ( quasi) 
di
Claudio Crescentini
Palombi editore

Mercoledì 21 maggio 2014 ore 17:30

 Sala della Crociera

via del Collegio Romano, 27 - Roma


Nell'universo artistico contemporaneo Bertina Lopes è un riferimento obbligato. L'intensa artista luso-monzambicana non ha mai dimenticato le sue origini paterne e la cultura pittorica di Lisbona, dove si è formata negli anni Quaranta e Cinquanta, prima del suo arrivo in Italia, nel 1964. Nelle sue opere, già in quegli anni, era presente il profondo slancio verso la libertà e la democrazia. Bertina Lopes è sempre riuscita a superare le disuguaglianze e le barriere tra uomini e culture, nell'arte e nella vita, trascorsa tra Maputo, Lisbona e Roma. In questo contesto apprezziamo l'iniziativa di un archivio a lei dedicato e di un volume di studi che raccoglie, in maniera puntuale e scientifica, tutto il materiale raccolto e inventariato in questi anni, fra cui la ricca documentazione che la lega indissolubilmente all'arte e alla cultura del Portogallo.


Mamma B: INDIMENTICABILE!

lunedì 12 maggio 2014

Stefano Valente - Guimarães Rosa e la Cultura della lingua Portoghese


Mais um texto do nosso antigo aluno e grande amigo Stefano Valente, que revela o seu amor pela literatura e pela cultura de expressão portuguesa. Obrigado, Stefano!


Guimarães Rosa e la Cultura della lingua Portoghese
Scritto da Stefano Valente.
La história. Le estórias. History. Stories.

IN http://www.kultural.eu/component/content/article/765-2014-05-04-07-18-54

Oggigiorno esistono due grandi idiomi mondiali nei quali si registra la presenza di una scissione formale della gamma di significati della stessa parola: quella che deriva dal latino historia.
Ad un primo sguardo l’esigenza sarebbe, sia per la lingua inglese che per il portoghese, quella di distinguere tra il resoconto, l’esposizione di avvenimenti reali – e a volte persino certificati da testimonianze – (history, história), e la narrazione di fatti immaginari, il racconto, la fiction, la fabula, eccetera (story, estória).
Non è possibile, tuttavia, liquidare la questione così sbrigativamente. Anzitutto è un vero e proprio dato storico il fatto che nell’inglese le due voci convivano, si potrebbe dire, da sempre, mentre il termine estória sembra rappresentare un’introduzione abbastanza recente in portoghese.
Una breve ricerca sottolinea come, con estória, si sia di fronte a un neologismo, a una forma la cui origine è caratterizzata in senso geografico. Infatti, se il Dicionário da Língua Portuguesa di Almeida Costa e Sampaio e Melo non la riporta (almeno fino alla 7ª ed., del 1994), la incontriamo per esempio nel Vocabulário Ortográfico da Língua Portuguesa della Academia Brasileira de Letras; ancora, estória viene definita un “brasilianismo” da altri dizionari, che la designano pure come portoghesizzazione dell’inglese story.
Al di là dell’essere in grado, o meno, di stabilire con precisione da quale luogo del Brasile, e quando, la forma estória si propaghi nel mondo lusofono – indagine che è compito dei linguisti di professione –, è evidente che la sua diffusione sia legata al contesto letterario, visto che si comincia a parlare di estórias a partire dall’opera del brasiliano João Guimarães Rosa (1908-1967).
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Guimarães Rosa – che qualche critico definì l’Omero, il Cervantes, il Joyce brasiliano (e purtroppo assai poco noto in Italia) – elevò nella sua scrittura il senso della parola estória alla massima potenza: già dall’antologia Sagarana (1946), proseguendo nelle Primeiras Estórias (1962: si presti attenzione al titolo), fino al successo del romanzo Grande Sertão: Veredas (1963), Guimarães Rosa sviluppa la sua narrazione come un enorme racconto composto da migliaia di voci, ciascuna delle quali riporta la sua propria e personale verità dei fatti. Quei fatti che potrebbero apparirci minuscoli, circoscritti e localizzati (anche nell’accezione di regionali), di importanza minore o addirittura inventati, fittizi. Guimarães Rosa, però, ci rivela che è proprio grazie a tutte quelle histórias minori – con l’h minuscola – che è possibile la ricostruzione della verità degli eventi. Eventi che devono essere contemplati e considerati principalmente come vissuto: perché è attraverso il vivere dei protagonisti – e delle loro anime – che il racconto della realtà prende forma, si incarna, assurge all’universalità dell’esperienza umana.
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Partendo dai racconti dei mandriani, dei bovari e delle figure marginali dell’altipiano del Sertão, Guimarães Rosa insegna che, parallelamente alla Storia dei ricchi e dei potenti – di tutti quelli che il più delle volte decidono e determinano ciò che dovrà essere scritto nei libri –, da sempre continuano a scorrere i fiumi delle storie di quelli che non hanno diritti – dei poveri, dei meno fortunati, dei subalterni. E sono quei fiumi, alla fine, e non i miliardi di pagine imposte dai vincitori o dai signori, che vanno a formare l’oceano del tempo degli uomini[1].
Pertanto, estórias non solo come invenzioni letterarie, ma soprattutto come resoconti del vissuto di chi non è degno di menzione, di chi spesso neppure riesce a comparire – a dare un segno della sua presenza sulla terra.
Da Guimarães Rosa estória, con questo valore più pieno e completo, si fa spazio con prepotenza nel linguaggio portoghese moderno. Chi l’adotta – oppure arriva “naturalmente” a far uso di questo vocabolo – sa di non poter prescindere da una matrice ben connotata di narrazione: la rappresentazione di una pluralità di voci nell’atto stesso del loro parlare. Ecco quindi l’oralità, intesa come momento di descrizione corale, a più punti di vista, attenta sul piano linguistico a riprodurre i vari idioletti.
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L’evoluzione dello stile narrativo di José Saramago – che si realizza con Levantado do Chão (trad. it. Una terra chiamata Alentejo), del 1980 – è un esempio chiaro di questo processo. L’autore portoghese passa da escritor a escriturário (un “cronista letterario”, si potrebbe dire) che dà voce agli agricoltori alentejani – che permette a decine di personaggi del misero entroterra portoghese, distanti e distanziati da tutto il resto e da tutto il buono del Paese, di esprimere le proprie verità. È, per l’appunto, un coro di parole di angustia, fatica, disinganno – e anche di speranza, ingenuità, dolcezza. Ma in Saramago questa coralità si arricchisce di un aspetto ulteriore: quello della simultaneità – o meglio, di una atemporalità – dei fatti e dei casi che sono i racconti e i vissuti dei protagonisti; in maniera che, per l’autore, il tempo non è più mera successione di prima e di dopo, una semplice linea retta di accadimenti, ma qualcosa di molto simile a uno schermo unico, sul quale si sommano e fondono volti, vicissitudini, voci.
Dopo Levantado do Chão Saramago non abbandonerà più questa oralità simultanea – non abbandonerà più la estória, e nasceranno capolavori come Memorial do Convento (1982 – Memoriale del Convento), O Evangelho segundo Jesus Cristo (1992 – Il Vangelo secondo Gesù Cristo), Ensaio sobre a Cegueira (1995 - Cecità). Grazie alla estória nel 1998 Saramago sarà insignito del Premio Nobel per la Letteratura.
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In conclusione, la coppia história-estórias è cosa assai differente dall’analoga history-stories. Lo sviluppo di questi due termini segnala, nella lingua portoghese, una consapevolezza ed un livello di esperienza linguistico-letteraria che non hanno pari in altri idiomi o culture.
Forse il percorso di una parola è connesso con avvenimenti imprevisti – o addirittura con le (s)fortune dei suoi parlanti. È comunque un fatto che una letteratura costituita non solo da histórias (dalla Storia maiuscola, e dalle sue “versioni ufficiali”) ma anche da estórias (le storie minuscole dei vinti, dei deboli), riesca a insegnare una diversa, preziosa accezione di ciò che significa «rispetto per l’altro».

[1] La scelta del termine fiumi non è casuale: A Terceira Margem do Rio (La terza sponda del fiume) è il titolo paradigmatico di uno dei racconti più famosi di Guimarães Rosa (contenuto in Primeiras Estórias, edito nel 1962). Nel 1994 ne è stato tratto l’omonimo film del regista Nelson Pereira dos Santos.