martedì 30 aprile 2013

Dopodomani all'IPSAR: Maria Grazia Ceccaroni Morotti




Maria Grazia, quale è la molla che ti spinge a dipingere?
Io penso che ci sia un forte desiderio di osservare ciò che mi circonda e le persone che incontro. Ciò produce un’ emozione che vorrei fermare.

E allora è qui che esce fuori il taccuino?
Si. Il carnet, la lastra di zinco, un cartoncino, ogni supporto è utile per prendere l’appunto, fermare l’idea. È un po’ come stenografare.

Dopo dipingi il quadro?
L’olio per me è la più benedetta delle unzioni, è un’ occasione per immergersi nel colore, scivolarci su, godere dello slalom, e qui, a volte, la scivolata non sa fermarsi al tempo giusto. (“Fermati ! ”, mi consiglia il mio amico pittore Mario Verolini). Continuare a scavare è più forte di me, mi è molto difficile dominare l’accavallarsi delle  immagini!

E quali sono i luoghi dove trovi più ispirazione?
Privilegio luoghi ove ho più tempo per osservare: riunioni familiari (infatti ho dipinto molte zie...), salotti, sale di conferenze e anche sale da concerto. Certo, che per avvicinarsi col pennello alla musica ci vuole un bel coraggio, anche solo per riprodurre il violino o le canne dell’organo! E allora quando vado al concerto comincio con l’osservare la gente in sala, mi immedesimo con loro nell’aspettativa. Le luci vengono accese , e purtroppo troppo presto spente , entrano gli orchestrali. Alzo gli occhi verso il palco (ho, come sai, un posto in prima fila...) e guardo le gambe del direttore d’orchestra, i leggii e allora comincia la musica: la padrona assoluta.
Scarabocchiare al buio è una gran gioia.

Perché non avevi ancora fatto una mostra?
Non lo so, forse uno sbagliato istinto di protezione. Comunque, anche se tardi sono uscita fuori...

(intervista fatta da Francisco de Almeida Dias, dal catalogo)




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